centro d'ascolto
 
In situazioni di emergenza come quella che stiamo vivendo in questi giorni nelle zone terremotate del centro Italia l’ultima cosa che vorremmo fare è partecipare alle sterili diatribe dei professionisti della polemica. Crediamo tuttavia necessario fare chiarezza in merito all’intervento dei c.d. richiedenti asilo nelle zone terremotate dopo il sisma del 24 agosto scorso.
Dai resoconti letti sulle testate non italiane, tra i tanti l’articolo pubblicato su DW, vengono riportati fedelmente i fatti così come sono accaduti, a differenza di quanto letto e visto sui media italiani, dai quali emerge un eccesso di semplificazione, dovuta probabilmente alla vicinanza, anche emotiva, degli operatori della comunicazione. Ma anche, crediamo, alla cifra del dibattito in corso nel nostro Paese sulla questione immigrazione. Un dibattito sempre più ombelicale e schizofrenico.
In una emergenza c’è chi scava e chi accoglie nel campo. Chi si occupa della sicurezza delle case prese di mira dagli sciacalli e chi sistema le aree per le tende o per altre strutture d’emergenza. Questo è quello che facevano i nostri ragazzi insieme ai ragazzi della Protezione civile, ma andiamo con ordine e ripercorriamo il filo di questi giorni complicati.
Il GUS è intervenuto nelle zone colpite dal terremoto in seguito alla segnalazione del dott. Massimo Mari, psichiatra, delegato dalla Regione Marche per il sostegno psicologico alle popolazioni colpite da catastrofi. Il nostro intervento era mirato alla creazione di “centri di ascolto” e del necessario coordinamento con altre componenti sanitarie istituzionali. Il medesimo intervento, con le stesse modalità, è stato realizzato nel 1997 in occasione del terremoto tra Marche e Umbria, poi ancora nel 2002 in Molise e nel 2009 a L’Aquila. Il GUS non ha improvvisato nulla nei giorni scorsi ad Amatrice e Arquata del Tronto. Anzi, ha messo a disposizione esperienze, professionalità e competenze acquisite in quasi venti anni di attività.
A Monteprandone, comune in provincia di Ascoli Piceno a circa 70 chilometri da Amatrice, dove il GUS è presente con una quarantina di ragazzi ospiti di un piccolo albergo, si stava mobilitando il locale gruppo di Protezione civile. I nostri ragazzi hanno subito manifestato al coordinatore di zona della nostra ONG l’intenzione di prestare aiuto e soccorso alle popolazioni colpite. Volevano partire immediatamente, ma abbiamo atteso che si organizzassero innanzitutto i professionisti del recupero superstiti. Solo nei giorni seguenti sono partiti per le zone terremotate e, sotto il coordinamento della Protezione civile di Monteprandone, hanno lavorato all’allestimento di strutture di emergenza individuate come COM.
La gara mediatica che si è scatenata in questi giorni non è certo imputabile al GUS. Ai giornalisti che mi cercavano incessantemente mercoledì mattina, perché interessati alla questione dei profughi in soccorso dei terremotati, spiegavo che per noi era, ed è, una cosa quasi banale nella sua normalità. Il coinvolgimento dei nostri ragazzi è una delle azioni che facciamo sempre, per agevolare la loro integrazione nella comunità che li accoglie e favorire la “conoscenza” reciproca.
Alcuni operatori dell’informazione sono stati delicati e attenti. Altri non sono andati troppo per il sottile, come quel giornalista che ha chiesto ai ragazzi di lasciare il panino che stavano mangiando in pausa pranzo per riprendere in mano pale e rastrelli, così da filmarli in tempo utile per il TG.
Abbiamo lanciato una nostra raccolta fondi per il nostro lavoro (sostegno psicologico alle famiglie) come sempre facciamo quando ci sono interventi straordinari che richiedono risorse aggiuntive in supporto al nostro intervento sul posto. Non chiediamo aiuto per qualcosa che “forse faremo”. Chiediamo aiuto per ciò che stiamo già facendo ora e che non ha nulla a che fare con i ragazzi nostri ospiti. Chi afferma questo dice una cosa volutamente odiosa e semplicemente non vera.
Qualche giornale on line, razzista, ha utilizzato una delle tante nostre foto fatte giovedì 25 agosto ai ragazzi scegliendone subdolamente una dove i ragazzi, all’interno di una struttura che stavano pulendo, si sono messi in posa davanti all’obiettivo dell’operatore che aveva il compito di documentare la loro attività, come sempre, che si tratti o meno di un’emergenza. La foto è fatta da noi, non è un loro selfie. Se avessimo voluto preparare un’operazione mediatica sui profughi “eroi e salvatori degli italiani” non l’avremmo certo resa pubblica nelle nostre pagine social.
Conclusioni. Siamo orgogliosi di ciò che abbiamo fatto. Ieri, domenica 28 agosto, abbiamo attivato il Centro di ascolto nelle tende allestite nelle zone di Castelsantangelo sul Nera, Visso e Ussita, in collaborazione con l’ASUR Area Vasta 3 e il Dipartimento di salute mentale di Camerino.
Siamo preparati a continuare il nostro lavoro per tutto il tempo che sarà necessario. In ogni emergenza questa è la prima cosa che noi diciamo a chi ci chiede aiuto: noi non vi lasceremo soli, rimarremo con voi anche dopo che le telecamere e i giornalisti saranno andati via.
Questa è la nostra storia.
 

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