Charles ora è a Ragusa a fare il riconoscimento della compagna morta in un gommone sotto gli occhi dei due figli, un maschietto di 6 e una femminuccia di 9 anni, che l’hanno vegliata durante il viaggio a bordo della nave che ha portato tutti in salvo a Pozzallo.
La polizia è riuscita ad individuare il loro papà grazie al numero di telefono scritto a penna sulla stoffa dei pantaloni del più grande dei figli. Il padre è proprio lui, Charles, ospite del Gus in un progetto del 2010, e da allora mediatore/collaboratore del Gruppo Umana Solidarietà a Jesi.
Straziante la ricostruzione degli avvenimenti: il viaggio in quel gommone putrido, il rischio di affondare, poi l’apnea e la morte per asfissia della mamma schiacciata da altri migranti rimasti bloccati nella prua mentre lei cercava di proteggere i suoi due figli.
Lo scafista dell’imbarcazione è stato individuato grazie ad un selfie scattato da uno dei migranti e individuato dai poliziotti della squadra mobile di Ragusa nel suo telefonino. Messi davanti a quell’immagine anche altri migranti che non avevano voluto collaborare nell’individuazione dello scafista, hanno finito con l’indicare un tunisino di 39 anni che è stato subito arrestato.
“I nostri avvocati stanno seguendo questa drammatica vicenda”, afferma il presidente del Gus Paolo Bernabucci, “con il preciso mandato di procedere con la costituzione parte civile del Gus contro lo scafista, il criminale, mercante di uomini che ha organizzato, novello Caronte, la tragica traversata”.
Per mercoledi il tribunale dei minori di Ragusa ha già fissato l’udienza per l’affidamento temporaneo ad una famiglia dei due piccoli. “Loro avranno bisogno, per tanti anni, di tutte le mamme che riusciremo ad essere”, conclude Bernabucci.